La mia idea di Ecologia
Episodio 400
di: Fabio Mattis
In questo periodo si fa un gran parlare di green, di ecologismo, di C02, di surriscaldamento globale e crisi climatica.
La questione ecologica per me rimane cruciale per la storia e la sopravvivenza della vita su questo pianeta.
Anni fa fui folgorato dalle proteste di Greta Thunberg e dall’escalation del gruppo “Friday for future”.
Avrei voluto che Greta prendesse uno qualsiasi di quei capi di stato che guardava sbavando sangue e lo pestasse come Bud Spencer quando menava il cattivo di turno.
Poi ho letto un po’ di cose in giro e non ho cambiato minimamente opinione se non nel fatto che, a mio modestissimo parere io e tutti quei manifestanti non avremmo potuto fare niente.
Non solo!
Il potere si è arrogato il diritto di risolvere la questione climatica usando i suoi soliti mezzucci: propaganda e dividi et impera!
Sono nate posizioni che negano totalmente il cambiamento climatico e altre che sono scaturite nell’ECO-ANSIA.
“Siamo gli scarafaggi del pianeta”, dicono alcuni, “Il clima è sempre cambiato nel corso della storia”, rispondono altri. “Dobbiamo proporre nuovi lockdown energetici”, “Nel medioevo c’è stata la glaciazione”, “Proponiamo mobilità per massimo 15 minuti nelle città”, “Annibale ha attraversato le Alpi con gli elefanti perché faceva più caldo”.
Eccola qui la propaganda, la propagazione della paura, il “ditemi quello che devo fare e lo farò” e dall’altra parte “non è vero, l’ho letto in un canale che seguo su Telegram”
Chi ha ragione?
Chi seguire?
Questo il mio personalissimo ragionamento, partendo dalle basi.
L’ecologia è una branca della biologia che studia gli organismi viventi e il loro ambiente, esaminando le relazioni complesse tra gli organismi stessi.
Questo è il punto da cui partire. Prima cosa gli organismi viventi non sono solo gli uomini, ma anche piante e animali e se siamo arrivati fino a qui è perché per molto tempo c’è stato un discreto equilibrio tra i vari mondi. Se io come uomo vado a rompere le palle in una foresta dove la natura ha trovato un suo equilibrio permettendo l’esistenza di piante, animali predatori e predati, minerali e altre situazioni, forse sto disturbando queste relazioni complesse. Non ci dovrei stare lì, a meno che non sia per studio e facendo molta attenzione.
Invece noi cosa facciamo? Continuiamo a deforestare, disboscare, usare sempre più territorio senza sistemare quello vecchio da ristrutturare, perché costa meno.
Penso alle centinaia di capannoni che vedo sorgere e abbandonare nel circondario dove abito. Di ospedali-mostri nati in mezzo alla campagna sempre più difficili da raggiungere senza mezzi di trasporto a motore. Di colline prima verdeggianti ed ora strette da serpenti di catrame e violentate da ville di lusso, ognuna con la sua piscina, il suo garage automatico e il recinto per i cani che altrimenti nel parco sporcherebbero.
Vogliamo parlare di CO2? Quanto si consuma per produrre i materiali per erigere tutti questi mostri?
Dove andranno a finire gli animali che prima vivevano in questi ecosistemi? Più cementiamo, più eliminiamo alberi, più per forza di cose aumenterà la temperatura a terra.
E non raccontatemi che per ogni albero tagliato ne viene piantato uno da qualche altra parte. Vogliamo forse creare boschi e foreste squadrate come città romane.
Quest’ultima cosa mi fa pensare alle colonie novecentesche in Africa e i loro perimetri fatti con il righello.
Si è mai visto un bosco fatto con il righello?
L’Ecologia concentra la sua attenzione sui processi che regolano la distribuzione e l'abbondanza degli organismi.
Qui mi sembra chiaro che l’abbondanza ce la vogliamo tenere tutta noi o, meglio, il mercato. E che cos’è il mercato? È l’offerta di beni e servizi da parte di venditori verso possibili acquirenti.
Ovvero non esiste. Il mercato non è una persona, non è un animale, non è un sicomoro, un coniglio, un salice piangente, una fragola, una colomba, una formica, una bambina venezuelana, una rana, un ciuchino, uno scoiattolo, un’euglena viridis.
Il mercato è solo un concetto, tra l’altro da umanizzare nel senso più alto del termine.
E quanta abbondanza abbiamo ricevuto in questi millenni dalla natura… dal Sole che ogni giorno ha baciato questa nostra Terra che ci ha regalato frutti, ci ha protetto, ci ha dato da bere, ci ha dato delle case e ora come ringraziamento vorremmo dominarla.
Non si capisce come possa mancare questa connessione. L’homo consumante ha dimenticato tutto questo. Ha spezzato la connessione sia spirituale che materiale.
L’Ecologia studia le forme di simbiosi e cooperazione tra le specie.
Ma noi distruggiamo ed inquiniamo eliminando la cooperazione, ma così facendo che come se segassimo un ramo sul quale siamo seduti.
E poi avete notato come sia sparita dai radar la parola “inquinamento”?
Si parla solo di green, una parola che spesso viene svuotata dal suo significato, ma ricordiamoci che il mondo fa un po’ schifo è perché è inquinato.
L’inquinamento e i conseguenti cambiamenti climatici hanno sempre portato emigrazioni in massa di popoli andando a creare squilibri tra le popolazioni che già vivevano in aree meno colpite.
Se un contadino in una zona remota del mondo non ha più acqua per innaffiare i suoi campi, molto probabilmente cercherà un altro modo per sopravvivere spostandosi in aree più confacenti.
Delle volte queste emigrazioni hanno migliorato e irrobustito altre popolazioni, altre volte sono sfociate in guerre ormai centenarie.
Aprite la bibbia o altri testi antichi e analizzateli.
Delle volte basta anche solo qualche partita a quei videogiochi dove si fanno crescere le civiltà.
L’Ecologia è spiritualità?
Per me sì, perché il grande mistero di perché siamo al mondo dipende dalla Natura, dalla creazione di ecosistemi e da quella scintilla divina che, fortunatamente, ancora non comprendiamo del tutto.
Connetterci alla Natura ci permette di comprenderci, di capire perché delle volte siamo violenti, tristi, affamati, performanti.
Connettersi non lo interpreto come fare 10 minuti di yoga al dì, con tanto di saluto al sole, ma di starne delle volte immerso, delle volte autoescludendosi perché non si è preparati o non si è nel posto giusto.
Capire che siamo un granellino nell’infinito, ma al tempo stesso una scintilla divina esattamente come un cactus.
Abbiamo solo modi di vivere diversi. E non voglio diventare un cactus, voglio solo essere presente.
Penso che la scelta di scendere da un mondo spirituale ad uno materiale, per accumulare esperienza ci ponga al cospetto delle cose più come un esploratore che si meraviglia di tutto che come una ruspa che deve creare una spianata per il parcheggio dell’ennesimo centro commerciale.
capitalismo Cultura e Società Diario di Bordo NoGlobal Speciali Spirtualità Zen Nerd Lunedì 4 Settembre 2023 19:32 Show
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